Pontificale Madre di Dio – 01/01/11
VERSO IL TEMPO SENZA TEMPO
1. In cerca del tempo
Celebrare la solennità di Maria Santissima Madre di Dio il primo giorno dell’anno significa tornare a comprendere il senso del nostro esserci nella storia e nel tempo, protesi verso il tempo senza tempo che è l’eternità, perché noi siamo nel tempo, ma la nostra patria è l’eternità.
Nella Bibbia ci sono tre termini che indicano il tempo. Il primo è chrònos, che indica il tempo nel senso dello scorrere dei minuti, delle ore, dei giorni. Ma in realtà, dice S. Agostino, non è il tempo che scorre, siamo noi a scorrere, siamo noi il tempo e ogni giorno assistiamo a questa continua dissolvenza del tempo che muore e del tempo che nasce; ogni giorno il nostro corpo fa l’esperienza della morte e della resurrezione, di cellule che muoiono e cellule che si rigenerano, per cui quello che ognuno di noi è oggi nel proprio corpo è diverso da quello che era ieri. Siamo noi, dunque, che scorriamo e, in fondo, viviamo l’esperienza del chicco di grano che, mentre va marcendo e morendo, genera nuova vita.
Spesso noi viviamo incasellati dentro il chrònos, questo scorrere esteriore del tempo, come se dovessimo sempre inseguire il tempo e intanto non “abbiamo tempo” per vivere bene il tempo. In questa corsa affannata veniamo presi dall’ansia di non arrivare, di non “riempire” bene il tempo e ci sentiamo inadempienti perché abbiamo sempre delle cose che non riusciamo ad adempiere, perciò andiamo inseguendo quello che non abbiamo: gli attimi, i minuti, i giorni e così viviamo fuori dal tempo, dibattendoci fra il rammarico e la nostalgia del tempo che non abbiamo, da una parte, e l’apprensione riguardo al tempo che ancora non ci è dato, dall’altra e intanto dimentichiamo di vivere l’unico tempo prezioso che ci è concesso: l’attimo presente, questo momento.
2. Dal chronos al kairòs
Il chrònos deve diventare kairòs, cioè momento di grazia, il “momento favorevole”, il tempo di Dio nel tempo degli uomini. Se viviamo riempiendo l’attimo presente con la luce dell’amore, della dedizione, con quella che è stata chiamata “la virtù dell’attenzione”, cioè l’esserci, qui ed ora, nella pienezza di noi stessi, allora quel chrònos, quell’attimo, diventa kairòs, tempo riempito, tempo “propizio”.
“Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio nato da donna”. Dio ha “riempito” il chrònos, lo scorrere del tempo, con la Sua stessa presenza divina nella storia dell’uomo. Il nostro compito è, allora, fare in modo che ogni chrònos, ogni scorrere ordinario del tempo, diventi un “momento di grazia”, un incontro con Dio, un atto d’amore per Dio, un’accogliente offerta a Dio nell’amore.
In questo modo elimineremo sia la nostalgia, sia la finzione e supereremo anche l’ansia perché, se siamo qui ed ora a celebrare questo momento di liturgia nella pienezza di noi stessi, non possiamo pensare a quello che faremo domani, altrimenti vivremo sempre fuori da noi stessi, inseguendo quell’io che non incontreremo mai.
3. Imparare a perdere
Qui ed ora il nostro tempo può diventare un momento di grazia. E perché tutto questo? Ecco il terzo termine che troviamo nella Bibbia: aiòn, che è il tempo senza tempo, l’eternità di Dio.
E’ bello il salmo con il quale abbiamo pregato: “Il Signore ci benedica, faccia splendere su di noi il suo volto”. Vivere nella tensione spirituale verso l’eternità di Dio significa anticipare già lo splendore del volto do Dio nel nostro volto, significa vivere già, qui ed ora, il paradiso, perché, se il paradiso è la presenza stessa di Dio che ci avvolge e coinvolge nel Suo amore, ogni volta che viviamo il chrònos come kairòs, come momento di Dio, stiamo vivendo già il paradiso.
Perciò, ogni attimo dobbiamo imparare a morire a noi stessi, ai nostri progetti, alle nostre ansie, dobbiamo cioè imparare a perdere, a vivere l’amore di pura perdita come il chicco di grano, così di giorno in giorno, di attimo in attimo, costruiremo davvero il paradiso in terra.
Maria Santissima ha vissuto così sulla terra, facendo di ogni attimo un momento di custodia e di meditazione, di preghiera e di operazione, di contemplazione e di azione, senza lacerazioni interiori. E lei aveva fra le sue mani quel paradiso che è Gesù. In lei, ciascuno di noi può davvero generare Dio nella propria vita e, dunque, può essere avvolto nel paradiso di Dio vivendo ancora qui sulla terra.
Possa questo nuovo anno educarci all’arte dell’aiòn, dell’eternità che comincia trasformando ogni chrònos in kairòs, in momento di grazia. Buon Anno!