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Dono d’amore nel servizio

27-09-2015 00:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

Dono d’amore nel servizio

Dono d’amore nel servizio Ordinazione presbiterale e diaconaledei diaconi Luigi Biancheri e Daniele Lombardoe dell’accolito Maurizio Nicastronel XII a

Dono d’amore nel servizio

 

Ordinazione presbiterale e diaconale

dei diaconi Luigi Biancheri e Daniele Lombardo

e dell’accolito Maurizio Nicastro

nel XII anniversario di consacrazione e ingresso in Diocesi del Vescovo

Caltanissetta - Cattedrale, 27 settembre 2015

 

1.      Abitare la polverosità della storia

 

La Parola di questa Domenica, che voi avete voluto conservare e ascoltare come Parola di Dio rivolta alla Chiesa e quest'oggi a voi tre in modo particolare, è molto dura, ma anche molto chiara come sempre. Gesù è molto chiaro, siamo noi, è la Chiesa che a volte con la polvere delle sue fragilità ingarbuglia le cose. Gesù parla chiaro: non si possono innalzare barriere o barricate. Per Gesù non esistiamo “noi” e “loro”, non viene prima la Chiesa e poi l'umanità, prima la fede e poi la vita, perché Dio in Cristo Gesù si è fatto uomo sposando l'umanità con le sue fragilità, le sue debolezze, i suoi limiti, i lutti, i pianti, le speranze e le gioie, sposando e accogliendo le lacerazioni dell'umanità fino ad assumere su di sé il peccato di tutta l'umanità, dalla creazione fino all'ultimo uomo che ci sarà sulla terra.

 

Ed è sul terreno comune dell'umanità, dunque, che oggi il Signore attraverso la mia povera persona sceglie  voi per essere consacrati. Divenendo presbiteri, divenendo diacono, voi non vi distaccate dall'umanità, ma siete riconsegnati all'umanità perché l'uomo di Dio è innanzitutto uomo, è uomo dalle relazioni autentiche con gli altri e non può innalzare barriere, non può chiudersi dentro il guscio protettivo di un Tempio,  di una liturgia o di una veste sacra; deve sapere abitare la polverosità della storia con tutte le sue contraddizioni, deve saper abitare la fragilità della Chiesa con tutti i suoi paradossi, deve saper abitare dentro le fenditure delle famiglie, dentro le inquietudini dei giovani, dentro i travagliati drammi di uomini e donne alla ricerca della loro identità, alla ricerca di un lavoro per ritrovare la loro identità, alla ricerca di un senso alto della loro vita. Dovete, perciò, saper dialogare con tutti, non come chi ha già una dottrina precostituita da consegnare, ma come chi ha un bene da riconoscere e da accogliere. 

 

Scriveva il beato Paolo VI nell'Ecclesiam Suam, la sua prima enciclica: "Dobbiamo farci contemporanei degli uomini e delle donne, ascoltare i loro cuori e lì dov'è possibile assecondarli, perché amiamo troppo poco questo mondo e lo amiamo troppo poco semplicemente perché poco amiamo".

 

2.      Ripresentazione sacramentale di Cristo

 

Carissimi Daniele, Luigi, Maurizio, il Signore vi sceglie per dichiarare il suo molto amore all'umanità. Dio che  ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio, questa sera  ridichiara il suo amore all'umanità e alla Chiesa, a questa Chiesa, con questo papa, questi vescovi, questi sacerdoti, questi religiosi, questi diaconi,  scegliendo voi e in voi risceglie l'umanità intera, risceglie i giovani, risceglie la vita per dichiarare che Lui è la via, la verità, la vita. In voi è l'umanità intera che viene scelta, in voi Dio stringe il suo patto d'amore, il suo patto nuziale con la Chiesa e voi diventate il segno e il sigillo di questo chinarsi d'amore di Dio, fino a darci nello Spirito Santo l'anello nuziale della sua misericordia che è in eterno.

 

Sentite la responsabilità di presentare a Dio l'umanità intera, di rappresentare la Chiesa nelle vostre persone, come Mosè rappresentava il popolo presso Dio spesso litigando con Dio per difendere quel popolo e subendo su di sé al posto del popolo l'ira di Dio. Voi, ordinati in sacris, celebrerete in persona Christi Capitis, “nella persona di Cristo capo”. Questo vuol dire che voi rappresentate la Chiesa presso Dio e rappresentate Cristo Signore presso la Chiesa e l'umanità. Ma la vostra non è una rappresentanza di delega, cioè di chi rende presente qualcuno che è assente, perché Cristo non è mai assente dalla sua Chiesa, non è mai assente da questo mondo e dall'umanità; la vostra rappresentazione di Cristo è una ripresentazione sacramentale, cioè voi siete Cristo Gesù, per questo assolvendo i peccati non direte: "Cristo ti assolve" ma:  "io ti assolvo", e celebrando l'Eucaristia non direte: "Questo è il suo corpo" ma: "Questo è il mio corpo". E sarà il vostro corpo, Daniele e Luigi, il vostro corpo spezzato e il vostro sangue versato, e tu, Daniele,  hai ben voluto rappresentare questo mistero nell'immaginetta che ricorda quest'ordinazione presbiterale. Fra quel sangue versato e quel corpo spezzato ci stanno le mani trafitte di Cristo che devono diventare le tue mani perché i suoi chiodi ti ricordino la trasfigurazione che accade in te nell'umiliazione della croce.

 

3.      Come i tralci

 

Per questo è necessario, miei carissimi figli, rimanere attaccati a Gesù come i tralci alla vite, così come ha voluto rappresentare Luigi nella sua immaginetta ricordo. È a partire dalla qualità vitale di questo intreccio d'amore, di questa relazione con Cristo che voi potete farvi relazione d'amore, potete farvi pastori in cerca delle pecorelle smarrite, assumendole su di voi, facendovene carico fino a farvi uno, come dice san Paolo: "Mi sono fatto tutto a tutti pur di conquistare tutti a Cristo Gesù".

 

Questo mistero è possibile soltanto se sapete essere voi l'inchino d'amore di Cristo Servo perché ciò che accomuna il Diaconato e il Presbiterato che discendono dall'Episcopato è l'icona sacramentale di Cristo servo per amore, di quel Cristo che si inginocchia davanti a Giuda, davanti a Pietro, davanti a Tommaso e a tutti gli altri, vigliacchi e fragili, si inginocchia e immerge le sue mani nella bacinella per lavare i piedi proprio come uno schiavo. Leggiamo in un romanzo ebraico del primo secolo: "Giuseppe la notte delle nozze dice alla sua sposa Asenath: Tu non mi laverai mai i piedi, solo uno schiavo può lavare i piedi. E Asenath risponde: Solo io ti laverò i piedi perché mi consacro a te, amandoti".

 

4.      Perdersi e perdere per amore

 

Ecco, caro Maurizio, l'icona che tu hai scelto per la tua immaginetta, questa consacrazione d'amore a Cristo e, in Lui, a tutti i Giuda, a tutti i Pietro, a questa Chiesa fragile, debole, vigliacca, incredula, proprio come ha fatto Gesù con i suoi discepoli. E in quell'icona che tu hai scelto, mentre Gesù lava i piedi a Pietro non si vede il volto di Gesù, il volto del servitore si perde nel volto del servito e si vede solo il volto di Pietro perché il servizio è questo, quest'amore di pura perdita che arriva fino a sapere scomparire perché l'altro sia, senza cadere nella tentazione di tanti politici e anche di tanti uomini di Chiesa che cercano solo effetti mediatici, gratificazioni, riconoscimenti nella logica dell'apparire.

 

Sappiate perdere, sappiate perdervi nel cuore della gente che servite con amore e non attendete altro che essere amore di puro dono. Indosserete la veste propria del vostro ordine: la dalmatica per il diacono, la casula per i due presbiteri. Ecco, questa veste sia un segno non di distanza, ma di distinzione nella trasfigurazione che rappresenta e ripresenta sacramentalmente Cristo Gesù. Sappiate sempre annullare le distanze mantenendovi distinti come diaconi e come presbiteri e sappiate sempre essere per tutti l'abbraccio misericordioso di Dio Padre, quel Creatore che da sempre vive inchinato dinanzi alle creature. Solo così il Padre vi esalterà come il Figlio suo e vi darà un nome che è al di sopra di ogni altro nome. Ma dovete vivere l'umiliazione della vicinanza, della prossimità misericordiosa, senza assimilazioni.

 

Possa in voi la Chiesa ritrovare la speranza nuziale di un amore per sempre; possa in voi la Chiesa lodare il Signore con la Liturgia delle Ore; possa in voi la Chiesa essere serva della Parola. E possiate voi condurre tanti giovani al cuore di Cristo, conducendo Cristo Gesù nel cuore di tanti giovani, di tante famiglie, di tanti ammalati, di tanti poveri, di tanti uomini e donne. E tutto questo non da eroi solitari ma nella fraternità di un presbiterio che oggi vi accoglie e in voi si riconsegna alla primavera di un sempre nuovo sacerdozio, che è quello di Cristo Gesù.

 

E siccome tra i familiari ci sono dei giovani, io mi rivolgo soprattutto ai giovani qui presenti: cercate di farvi trovare dal Signore che vi cerca, aprite la conchiglia del cuore, non abbiate paura di dire sì come hanno fatto Daniele, Luigi, Maurizio e un giorno anche voi sperimenterete la pienezza e la bellezza di essere del Signore e per il Signore donati all'umanità. E così sia!

 

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