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L’arte della condivisione

29-06-2015 01:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

L’arte della condivisione

L’arte della condivisione 25° di Ordinazione Presbiterale di p. Salvatore RumeoCaltanissetta – parrocchia S. Cuore, 29 giugno 2015  1. Una domanda riv

L’arte della condivisione

 

25° di Ordinazione Presbiterale di p. Salvatore Rumeo

Caltanissetta – parrocchia S. Cuore, 29 giugno 2015

 

 

1. Una domanda rivolta al cuore

 

Tutti e tre i sinottici raccontano questa vicenda, questa interrogazione di Gesù che avviene a due livelli, uno è più superficiale: "Chi dice la gente che io sia?", l'altro affonda direttamente nel cuore dei suoi apostoli con una aspettativa iniziale molto forte, un volere andare al di là da quello che dice la gente: "Ma voi chi dite che io sia?".

 

Matteo inquadra questa domanda cruciale di Gesù in un momento di studio, di riflessione, durante una sosta nel cammino di evangelizzazione di Gesù. Giunto a Cesarea di Filippo, Gesù si ferma, è il momento della meditazione profonda, quasi una verifica che Gesù propone e impone ai suoi discepoli per mettere a nudo il loro animo. Non basta a Gesù il sentito dire, vuole risposte personali, anzi in questo caso vuole la risposta della Chiesa, di questo "voi" che è la comunità apostolica: "Voi chi dite che io sia?", voi Chiesa, perché è la Chiesa in quanto tale ad essere chiamata a confrontarsi direttamente con il suo Signore, a dare risposte chiare, ad avere una chiara idea di Dio proprio per poter poi condividere questa idea, questo Dio.

 

Ecco, padre Salvatore ha vissuto e vive la sosta come riflessione, come meditazione, come studio, come approfondimento. E se Pietro era pescatore, l'uomo di tutti i giorni, l'uomo a cui Gesù cambia l'oggetto della pesca, non più pesce ma uomini: "Ti farò pescatore di uomini", Paolo è il maestro e dottore, così come don Salvatore è maestro e dottore, perché ha conseguito il Dottorato, ha completato i suoi studi in maniera egregia, tra l'altro con una tesi straordinaria che gli ha richiesto anni di applicazione, di studio, una tesi su quel santo a cui lui si è sempre ispirato nel suo sacerdozio: san Giovanni Paolo II e le sue catechesi ai giovani.

 

2. Lungo la strada

 

L’evangelista Marco, invece, colloca questa domanda “mentre erano per via”. Dunque, non c'è una sosta nel dispiegarsi della vita, ma torna questa domanda di Gesù: "Ma voi chi dite che io sia?". È come dire che siamo chiamati a rispondere in ogni momento a questa domanda. Lungo la strada della nostra esistenza, dei nostri problemi, delle nostre difficoltà, dei nostri sogni, dei nostri fallimenti dobbiamo chiederci: "Chi sei tu per me?". Ma anche qui è sempre la Chiesa, la comunità, che è chiamata a dare una risposta: voi, tu Chiesa, nella tua quotidianità, nelle cose che ogni giorno hai da vivere, chiediti chi sono io per te.

 

Don Salvatore ha vissuto sempre il suo sacerdozio coniugando la riflessione, lo studio e la strada, la strada che lo ha fatto sempre compagno dei giovani. Io l'ho trovato e l'ho confermato Direttore della Pastorale Giovanile e abbiamo vissuto anni straordinari. Posso dire, per quanto riguarda il mio episcopato, che con don Salvatore abbiamo gettato veramente le fondamenta di quello che oggi è la Pastorale Giovanile e lo stile lo ha dato don Salvatore, che è davvero innamorato di questo dialogo con i giovani, di questa conversazione sulla fede, che Gesù faceva con i suoi discepoli e che san  Giovanni Paolo II intratteneva con i giovani, proprio come don Bosco, l'apostolo dei giovani, il sacerdote dei giovani che, mentre portava i ragazzi a giocare o a imparare un mestiere, li metteva dinanzi a Gesù e li voleva santi, santi come Gesù, il Santo di Dio.

 

3.  Il vangelo della misericordia

E sulla strada p. Salvatore ha appreso l'arte della condivisione, l'arte dell'accoglienza dei problemi e delle angosce, dei lutti e delle speranze della gente. Ha iniziato il suo ministero sacerdotale a S. Lucia, dove aveva anche svolto il suo ministero diaconale, poi ha prestato il suo servizio a S. Cataldo, quale vicario parrocchiale di due parrocchie, la Madrice e il Rosario; quindi a S. Giuseppe nel cuore della nostra città e infine a S. Flavia con il compianto p. Luciano Castiglione, a condividere lì le ansie dei giovani, a farsi apostolo della gioventù.

 

Dal 2000 è parroco in questa comunità che porta l'impronta di don Bosco e che con don Salvatore ha fortemente ricevuto anche l'impronta della misericordia, il vangelo della misericordia è stato così impresso nel suo cuore da esprimerlo nelle vetrate che abbelliscono questa chiesa: un racconto della misericordia, della tenerezza di Dio spiegato, illustrato non solo nella sua predicazione, non solo nei suoi libri, ma anche in queste vetrate artistiche.

 

Il vangelo della misericordia dice tutta la maternità di Dio, il suo chinarsi con premura materna verso le sue creature alle quali Lui, il Signore, è per sempre legato da quel cordone ombelicale che è il suo amore, che porta il nome di perdono, di tenerezza, quella tenerezza che ci descrive il profeta Osea al capitolo 11, per la quale Dio arriva fino a sollevarci come un fanciullo fra le sue braccia e baciarci sulla guancia.

 

Questa maternità del vangelo della misericordia don Salvatore ha approfondito tanto da consacrarsi come sacerdote diocesano proprio nell'Istituto dell'Amore Misericordioso, insieme ad altri sacerdoti della nostra Diocesi, trovando in Madre Speranza un'icona di questo modo materno di amare di Dio.

 

3. Nella locanda della preghiera

 

L'evangelista Luca pone lo stesso racconto nella locanda della preghiera. Non dice che Gesù è arrivato a Cesarea di Filippo, non dice che era in strada con in suoi discepoli, dice che un giorno, mentre Gesù si trovava in preghiera e i discepoli erano con lui, chiede: "Ma voi, chi dite che io sia?". E in questa casa della preghiera come colloquio di intima amicizia con il Signore anche noi siamo chiamati sempre a mettere a fuoco chi è Dio per noi.

 

Tre sono i modi che il Signore ci offre per capire meglio chi è lui per noi: lo studio, la strada dell'evangelizzazione, dell'apostolato e la preghiera, il vivere cuore a cuore con Gesù. Ecco, il sacerdote è l'uomo “preso di tra gli uomini” che vive in sé questa triplice dimensione: lo studio come ascesi, come mistica della riflessione, dell'elaborazione, della contemplazione della Parola che poi si traduce in predicazione e catechesi, quella catechesi di cui don Salvatore è maestro, infatti è anche il Direttore dell'Ufficio Catechistico Diocesano.

 

Il sacerdote è uomo della strada, uomo cioè che non si chiude nel Tempio, né si chiude nelle case degli uomini, ma vive l'apostolato della strada dove la gente vive, soffre, spera. Vive la strada come capacità di mettersi in sintonia con i rumori del mondo per poter rispondere alle domande della gente e offrire una meta, un punto d'arrivo, una locanda appunto, la locanda della preghiera che nello spezzarsi del pane trova il suo culmen et fons, il punto di arrivo e il punto di partenza, come è stato per Cleopa e l'altro anonimo discepolo che, all'alba del terzo giorno, abbandonano la comunità, vanno via dalla chiesa, si allontanano da Gerusalemme per far ritorno nel privato, alle loro case.

 

4. Tu mio compagno di viaggio

 

Solo uno ci è noto e il suo nome è Cleopa. E don Salvatore - credo di non rovinare la sorpresa - ha scritto per questo 25° di sacerdozio un libro, che poi vi regalerà, in cui ha dato la risposta a quella domanda: "Ma voi chi dite che io sia?" e ha risposto: "Tu mio compagno di viaggio", perché si è identificato in quel Cleopa che attraversa smarrimenti, perché anche un prete può fallire, ma poi il suo cuore si riaccende di speranza nel fuoco della Parola di Dio, si scalda dell’amicizia con Colui che si svela velandosi in quell'apparizione disparente nella locanda della preghiera.

 

E quel Cleopa sa tornare, sa tornare di notte con una gioia nel cuore, sa tornare alla Chiesa stavolta per evangelizzare la Chiesa, per dire alla Chiesa: "E' risorto, noi l'abbiamo incontrato, noi abbiamo mangiato con lui”. Quel Cleopa ripete questa domanda: "Ma voi chi dite che io sia?", interrogando Pietro, il quale non teme di condividere le sue fragilità, ma anche la bellezza della sua chiamata, da pescatore di pesci a pescatore di uomini, quel Pietro un po' presuntuoso che voleva camminare sulle acque, ma poi affonda quasi sommerso dal mare/male, ma nella preghiera trova la forza di gridare "Signore, salvami!" e trova la mano tesa di Gesù che lo recupera a nuova vita e gli affida le chiavi,  perché Pietro ieri e i sacerdoti oggi possano aprire ad ogni anima la porta bella del paradiso e della comunione con Dio.

 

E poi Cleopa interroga soprattutto Maria, la raggiunge ad Efeso, quella Maria che può essere la Madre Speranza, che può essere la mamma di don Salvatore, visto che il suo papà non ha potuto vederlo né al momento dell'ordinazione diaconale, né al momento dell'ordinazione presbiterale perché era morto prima, ma c’è la mamma che si è fatta come Maria: discreta, gentile, delicata, maternamente compagna di viaggio.

 

E così, queste due luci gentili: quella di Cleopa - don Salvatore sacerdote - e quella di Maria, la mamma, Madre Speranza, la Madre della Chiesa, insieme sono poste sulla spiaggia di quel primo sì per ardere di fede, speranza e carità fino ad essere per sempre sacerdoti secondo il cuore di Dio. Sia lodato Gesù Cristo!

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