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L’utopia della santità

27-09-2018 01:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

L’utopia della santità

L’utopia della santità XIV Anniversario di Ordinazione episcopale e di ingresso in Diocesie conferimento dei ministeriCaltanissetta, Cattedrale, 27 se

L’utopia della santità

 

XIV Anniversario di Ordinazione episcopale e di ingresso in Diocesi

e conferimento dei ministeri

Caltanissetta, Cattedrale, 27 settembre 2018

 

 

1.      Chiamati alla gioia

 

Benediciamo e ringraziamo il Signore per il dono della sua grazia e perché questa sera ci ricorda ancora una volta che tutto viene da Lui, che tutto in Lui acquista senso, che a Lui bisogna tornare, a Lui bisogna restituire ogni dono e restituirci come dono. Anche la configurazione della nostra assemblea racconta di un Vescovo pastore che, insieme ai presbiteri e ai diaconi uniti nell’unico presbiterio, abbraccia tutto intero il popolo di Dio per camminare insieme verso la santità.

 

Non ci resta altro: noi, poveri, fragili, orgogliosi e presuntuosi peccatori, ci arrabattiamo a cercare pozzanghere di autostima e di gratificazioni per il nostro orgoglio e alla fine sperimentiamo dentro di noi il vuoto perché non ci rendiamo conto che tutte queste cose sono semplicemente fumo, come il solco che una nave traccia nel mare: sembra aprirsi in due quel mare, ma dopo il passaggio della nave le acque si ricongiungono e tutto è come prima, non rimane traccia.

 

Dobbiamo davvero renderci conto, carissimi figlioli, che dobbiamo puntare alla santità, che nella santità è la nostra libertà e in questa libertà è la nostra felicità, perché noi siamo chiamati alla gioia, quella gioia che, come diceva il Beato, e prossimo Santo, Paolo VI, viene d’Altronde, non viene dalle cose di questa terra, quella gioia che scaturisce dall’accogliere lasciandoci accogliere dal Signore.

 

È la gioia che scaturisce dallo scavare dentro il pozzo delle Sacre Scritture per trovare la luce della Parola di Dio; è la gioia, dunque, che scaturisce dalla ricerca, non incupita ma felice, tenace, di chi sa che solo dietro l’apparenza c’è il succo delle cose; è la gioia che scaturisce dal coraggio di piegare le ginocchia del cuore davanti al Signore per riceverci da Lui nella preghiera, che non è una lode che noi a Lui offriamo o un insieme parole che a Lui rivolgiamo, ma è ricezione del suo cuore che abita il nostro cuore nella Spirito Santo.

 

2.      Santi insieme

 

Oggi voglio rendere lode al Signore con voi perché, amandovi, pur nella mia fragilità, al di là di ogni interesse, nella gratuità e in modo incondizionato, e servendo nella libertà che nulla per sé riserva ma tutto di sé dona, con voi ho imparato a lasciarmi plasmare dal Signore; con voi ho imparato che santi si è solo insieme, quando i padri si fanno servitori perché tutti possiamo essere davvero fratelli e sorelle in Cristo Gesù.

 

Rendiamoci conto, dunque, di quello che il testo di Qohelet ci ha suggerito: ognuno di noi e tutto quello che è intorno a noi è un infinito “abele”: “abele degli abeli, dice Qohelet, tutto è un infinito abele”, cioè tutto passa. Abele è passato e ha lasciato solo una traccia di sangue su questa terra, il sangue versato da suo fratello Caino che grida fino a Dio, ma di lui non è rimasta traccia. Ciascuno di noi è un Abele se non si radica in Dio, perché in fondo di noi nulla resterà se non l’amore che avremo dato, la luce che avremo acceso, la gioia che avremo contagiato.

 

“Abele degli abeli”: non è pessimismo quello di Qoelet, ma è la convinzione poi ripetuta da Teresa d’Avila nell’affermazione: “Dio solo basta, Dio solo resta”, perché, come ha scritto S. Giovanni della Croce: “Lui è tutto e noi siamo niente, ma in Lui possiamo – Habel habalim ʽamar Qohelet… hakkol habel –, raggiungere il tutto che Dio è” e quindi essere pienamente noi stessi nella santità, riuscire ad amare e perdonare, riuscire a lasciarci abbracciare dal Signore. Solo così si diventa irradiazione della sua gioia, diffusori affascinati e fascinosi del suo amore.

 

Credetemi, figlioli, solo l’amore resta; solo l’amore riempie il nostro cuore e dà senso alle nostre fatiche e al travaglio del quotidiano; solo l’amore dà senso anche al non-senso dei nostri fallimenti e dei nostri errori, dei nostri lutti e dei nostri dolori; solo l’amore ci restituisce ad una fraternità senza frontiere, perché ci libera come figli, figli amati, figli dell’unico stesso Padre delle misericordie.

 

Tutto questo ho cercato di testimoniarlo, insegnarlo, trasmetterlo; ma tutto questo e molto di più l’ho imparato da voi, da tutte quelle trame di santità non sbandierate ma vissute nel nascondimento del quotidiano, nel martirio della ferialità.

 

E vi sono grato. Sono grato ai miei amatissimi sacerdoti per l’esempio che mi danno, per il loro farmi da maestri a volte anche con i loro errori, per il loro essere figli con la necessaria docilità, per il loro essere fratelli con amicale libertà. Voglio poi dire grazie ai diaconi e ai carissimi seminaristi; grazie di cuore a tutte quelle donne che, pur nella loro finitudine e debolezza, hanno dato la vita al Signore, consacrando la loro esistenza a Lui e solo per amore suo; grazie ai giovani, agli sposi, a tutti voi, perché mi sento voluto bene, ma soprattutto sento che, al di là dei disfattisti che convivono con noi sempre perché così è la storia dell’umanità e della Chiesa, questa nostra comunità nissena sta crescendo.

 

3.      Parola Preghiera Poveri

 

Il Vicario Generale parlava di figure di santità. Ebbene, io vi annuncio che entro Natale la Chiesa ci consegnerà un’altra figura di santità, un Pastore di questa nostra Chiesa: Mons. Jacono. La Positio è stata già approvata dalla Commissione dei Teologi e ieri è stata ottimamente approvata dalla Commissione Cardinalizia. Non ci resta che pregare e sperare. Nel prossimo mese di marzo anche la Positio del Servo di Dio Padre Angelico Lipani passerà all’esame dei Teologi. Mettiamoci, dunque, sulla scia di questi Pastori santi, di questi santi Servitori dei poveri, di quella grande donna che è Marianna Amico Roxas, per vivere con gioia e insieme l’utopia della santità.

 

Questa sera conferirò il ministero dell’Accolitato a questi nostri quattro giovani - perché sono ancora tali, anche se diversi sono sposati e padri di figli – e questo bello perché è segno di una Chiesa che vuole essere serva. Oggi è la memoria liturgica di San Vincenzo de’ Paoli, il quale ci ricorda il primato dell’amore nel nascondimento, il primato del servizio ai poveri e agli ultimi.

 

Cerchiamo di coniugare insieme quelle tre “P” che ho consegnato a Papa Francesco all’inizio del suo pontificato e che caratterizzano questa nostra comunità ecclesiale nissena: Parola, Preghiera, Poveri. Viviamo e riscopriamo sempre più queste tre “P” e incoraggiamoci a vicenda a viverle, insieme e personalmente, perché come carovana di Dio arriviamo alla santità insieme, facendoci gli uni luce da luce per gli altri.

 

Ci accompagni in questa avventura San Michele Arcangelo, nostro Patrono. Ci guidi, ci prenda per mano, Maria Santissima, Madre della Chiesa, Madre di santità, Sorella del nostro cammino, perché incoraggiati da Lei, abbracciati dalla sua materna tenerezza, possiamo rendere possibile l’utopia della santità. E così sia!