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La notte del Dono

24-12-2009 00:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

La notte del Dono

LA NOTTE DEL DONONotte di Natale 2009Caltanissetta – Cattedrale, 24 dicembre 2009 1.  Incorporati nel Bambino“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace

LA NOTTE DEL DONO

Notte di Natale 2009

Caltanissetta – Cattedrale, 24 dicembre 2009

 

1.  Incorporati nel Bambino

“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore”. È il canto degli angeli nella notte di Betlemme. È Natale, memoria di quanto è già avvenuto nella storia, accoglienza di un dono che ci precede. Natale è come raccogliere tutte le nostre forze per proiettarci verso il nostro avvenire che ci viene donato nel Dio–Bambino. Natale diviene così punto di congiunzione fra passato e avvenire, atomo vivificatore, grazie al quale esistenze disgregate possono ritrovarsi per esplodere nella gioia della comunione fra cielo e terra. Ognuno di noi può essere un atomo disgregato dagli altri, ma questa notte, nella mangiatoia di questa sacra liturgia, possiamo essere un vulcano capace di fare esplodere il nucleare dell’Amore.

«Questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,12). Il Bambino nella mangiatoia, oggi, è il corpo che noi stiamo diventando e che Egli ci dà di diventare; il Bambino nella mangiatoia è il corpo già nato e sempre in via di nascere nella Chiesa, in ciascuno di noi e la sola maniera di avere accesso a questo mistero, cioè al segno del Bambino nella mangiatoia, è accettare di esservi inclusi, incorporati. Guardando a questo Bambino, consegnato per il nostro compimento nella mangiatoia, noi contempliamo l’Amore che si consegna per liberarci e riceviamo nel suo svelamento l’infinito Mistero di Dio che è Amore fatto dono.

 

2. La notte dei pastori

«Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,12): è l’invito ad un cammino di fede che i pastori devono percorrere, cogliendo e interpretando il “segno” dato dall’angelo: un Bambino fasciato, Dio infante deposto nella mangiatoia. Questo Bambino è infante, cioè senza parola, Lui che è la Parola per eccellenza ha bisogno della parola degli angeli prima e dei pastori dopo per annunciarsi, perché Dio si svela non nei segni strepitosi ed eclatanti, ma nella debolezza di una  Parola muta, nella forza del silenzio di questo fasciato ed infante Bambino. Dunque, «andiamo… vediamo…», come i pastori che andarono e trovarono (Lc 2, 15-16). Il loro cammino di fede li conduce alla preghiera e alla contemplazione dei segni poveri nei quali Dio si manifesta e, dopo aver visto, <<se ne tornarono glorificando e lodando Dio..» (Lc 2, 17.20). Non più gli angeli, ma i pastori annunciano il vangelo, perché «avevano udito e visto» (Lc 2, 20; cfr. 1Gv 1, 1-3). Hanno fatto l’esperienza di Dio-vangelo, del Dio della Gioia e «se ne tornarono glorificando e lodando Dio» (Lc 2, 20). L’evangelista Luca coniuga per i pastori lo stesso verbo che usa per gli  angeli: ainoo, “lodare”. Gli angeli scompaiono e la loro azione viene continuata dai pastori. È una consegna del vangelo: dal cielo alla terra, dagli angeli ai pastori, proprio loro, gli ultimi, quelli che sono nella notte. Anche a noi, a ciascuno e a tutti insieme come Chiesa, questa notte è consegnato il vangelo della Gioia perché, facendo noi l’esperienza dell’Amore di Dio, possiamo essere gli “angeli-pastori” nella notte della storia, a partire da Betlemme, “casa del pane”, mangiatoia della mensa di Dio apparecchiata per noi nel dono del Figlio Bambino. Perché la Parola di Dio è qui dove noi siamo, non dove vorremmo essere… Qui, dove ci troviamo effettivamente, re o mendicanti, qui il Dio-Bambino, dono di luce nella gratuità dell’Amore, viene incontro all’enigma delle nostre tenebre.

 

3. Il regalo di Natale

E noi, come viviamo questo dono, qui dove siamo, dove e come siamo, in questa notte di luce di gratuito dono? Assaliti dall’ansia commerciale del Natale, noi corriamo il rischio di smarrire il senso stesso del Natale e, con esso, anche la dimensione umana e cristiana del dono. Sommersi dai doni da fare o da ricevere, abbiamo perso il senso della gratuità, non riusciamo più a vederla come ricchezza nella nostra vita e nelle nostre relazioni. Eppure il Natale è festa e memoria del dono di una Vita nuova che nasce; dono inaudito di Dio agli uomini elevati a figli nel Figlio Divino abbassato alla nostra carnalità.

Come la vita, il dono ci precede, esula dai diritti-doveri, non può mai essere pienamente ricambiato, perché nasce da energie liberate e origina capacità inattese. La gratuità è tale perché suscita gratitudine per un dono inatteso, senza il calcolo del contraccambio, perché «vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20, 35). Chi dona, infatti, gode della gioia che suscita in chi la riceve. D’altronde, il fondamento dell’amore è la rinuncia alla reciprocità e alla sicurezza che ne deriva. L’amore non attende e non aspetta né il dono, né l’accoglienza riconoscente del dono da parte di chi è amato.

4.  Dono di gratuità

È Natale, figlioli carissimi, festa del dono, dono di gratuità. Questo ci richiama le forti parole scritte da Papa Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in veritate: «La gratuità è presente nella vita dell’uomo in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza… Lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità».

Il Natale ci riporta a vivere la solidarietà a partire dalla sobrietà e dalla essenzialità, ci chiama a nascere alla corresponsabilità nei confronti di un crescente esercito di poveri; poveri assetati di lavoro e di giustizia; poveri disperati nell’agonia di un futuro possibile ma sempre più lontano dalle loro mani; poveri che odorano di speranza sognando un lavoro a lungo cercato. E se molti voltano loro le spalle, dicendo che non c’è posto per loro nella mangiatoia del mondo, la Chiesa è chiamata ancor più ad ascoltare e accogliere i gemiti e le angosce di quest’esercito di suoi figli in cerca della “casa del pane”, di una Betlemme capace di dono nell’offertorio di una speranza possibile.

A tale scopo sono commosso e felice di annunciarvi in questa notte del dono, il concretizzarsi di un progetto di microcredito per le piccole imprese di giovani e uomini onesti, che desiderano avviare una seria iniziativa di lavoro. La nostra Chiesa nissena, attraverso la Caritas, anima e azione della Carità della Diocesi, ha pensato e concordato questo progetto avvalendosi del generoso e responsabile contributo di quattro Banche di Credito Cooperativo, e precisamente: San Michele di Caltanissetta, San Giuseppe di Mussomeli, Toniolo di San Cataldo e Banca del nisseno di Serradifalco, con il supporto tecnico gratuito della Confederazione nazionale artigiani della piccola e media impresa (CNA). Questo progetto consente di accedere ad un prestito fino a 25.000 euro, con un tasso di interesse simbolico che non supera l’1.5% da pagare in cinque anni per ditte individuali, piccole cooperative e società di persone. Entro il mese di febbraio il progetto comincerà a decollare.

Ringrazio, pertanto, i Direttori della nostra Caritas diocesana e i Direttori delle suddette Banche di Credito, alcuni dei quali sono qui presenti a celebrare con noi il Natale, festa del dono. Possa questa notte di Luce, grazie alla Vergine Maria, Madre di tenerezza, e alla custodia solidale e responsabile di Giuseppe, far germogliare la speranza in tante nostre famiglie, perché fiorisca la civiltà dell’Amore e, come rugiada, la Gloria di Dio si adagi feconda sull’erba della pace fra gli uomini. Buon Natale!

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