La luce oltre ogni tenebra
Natale del Signore
Santa Messa della notte
Caltanissetta, Cattedrale, 24 dicembre 2017
1. Consegna e accoglienza
Poesia è il Natale, e in questi giorni riceviamo messaggi con pensieri pieni di bontà, espressione di sentimenti ed emozioni che fra una settimana non circoleranno più. Romantico è il Natale, con il suo presepe più o meno ammodernato, adattato e tematizzato; con il suo albero pieno di luci, con Babbo Natale che consegna i regali…
Questa sera vorrei, però, soffermarmi con voi su quel primo Natale visto dalla parte di Giuseppe e Maria, una coppia di sposi all’apparenza normale, eppure chiamata a custodire un mistero, a vegliare su un segreto da Giuseppe condiviso, da Maria esperito in prima persona: quel bimbo è Dio!
Maria e Giuseppe, per obbedire al decreto di un imperatore assente da quella città e da quella regione e presente solo attraverso il governatore e le truppe romane, si muovono dalla Galilea, dal nord, fino alla Giudea, al sud, da Nazareth a Betlemme perché solo gli uomini venivano registrati, con le donne a loro carico in quanto mogli o figlie o madri o vedove e ci si doveva registrare nella città di origine. Quindi Giuseppe deve lasciare il suo lavoro e affrontare quel viaggio nella precarietà, senza sapere chi troverà a Betlemme, se incontrerà dei parenti, se potrà lavorare. Maria, dal canto suo, lascia la sicurezza di una casa, di un villaggio dove era conosciuta e che lei conosceva bene, lascia la sicurezza dei suoi affetti e si ritrova ad esperire la non-accoglienza e quel silenzio dell’Onnipotente, che pure aveva parlato un giorno al suo cuore e al cuore di Giuseppe.
Questo è il Natale di Maria e di Giuseppe: il Natale di due emigranti in terra straniera, di due giovani che, consegnandosi a Dio e aderendo a quel suo misterioso, inedito progetto di voler essere uomo come noi, accolgono il figlio di Dio e si abbandonano totalmente a questo Dio mai visto ma sperimentato nell’obbedienza della fede… nonostante sembri che dopo quell’Annunciazione a Maria, come dopo il sogno di Giuseppe, Dio si ritragga e taccia completamente.
2. La poesia del silenzio
Non ci sono angeli per Maria e Giuseppe, gli angeli sono per altri emarginati: i pastori; non ci sono cori celesti per Maria e Giuseppe, essi cantano per altri la gloria di Dio che è la pace per l’umanità. Maria e Giuseppe vivono quel primo grande misterioso Natale cogliendo il mistero di Dio in ciò che non vedevano e in ciò che non ascoltavano.
Hanno dovuto anche vivere il rifiuto dell’ospitalità, come leggiamo nel Prologo del vangelo di Giovanni: “Venne fra i suoi, nella sua casa, ma i suoi non l’hanno accolto”. E così Dio trova accoglienza in una casa comune, fra odori di paglia e di animali. È il primo profumo di Dio, quella paglia, mentre quello di Maria è il primo tratto umano che Dio con occhi d’uomo coglie; in quello sguardo legge tutta la tenerezza che non riceverà dagli uomini; in quello sguardo legge anche la paura di una madre per quel che sarà di questo bambino.
Quel bimbo si sente però come rassicurato, perché c’è Giuseppe che non ha lasciato Maria da sola ad affrontare quel destino. E, una volta nato, Dio bambino diventa da una parte punto di attrazione, destinatario dell’adorazione dei pastori e un giorno anche dei Magi; dall’altra, Lui, un tenero bambino, oggetto della gelosia di Erode. Un bimbo fa tremare i potenti, un bimbo attira i deboli e Dio non si fa sentire e non canta: tutto è consegnato a quel bambino. E lo stupore cresce, in Maria e in Giuseppe, nel vedere come degli emarginati, i pastori, hanno ricevuto anche loro una annunciazione, stavolta da parte di angeli, e sono venuti ad adorare il bambino.
Ecco, la poesia del Natale è la poesia del non-detto, la poesia del silenzio, la poesia di affetti lasciati a casa, la poesia di una solitudine che si fa compagnia nel mistero, la poesia di stranieri, di emarginati, di poveri che si inchinano al mistero di quel bambino con sua Madre.
3. Vita nuova ogni giorno
«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria». Il Prologo del vangelo secondo Giovanni ci presenta questo incedere maestoso della Parola che è in principio, ma in un principio in-principiato, perché è quella Parola che è sempre rivolta a Dio, come la Sapienza che danza dinanzi al Creatore mentre Dio crea l’universo.
Adesso sappiamo che quella Sapienza è proprio la Parola, quel Logos che è senso, ragion d’essere di ogni cosa, fonte, strumento e meta della nostra esistenza. Questa Parola in-principiata, dalla quale e per mezzo della quale tutto è stato creato, ha voluto essere presenza e tenda in mezzo a noi, tenda di carne; e venendo nel mondo ha portato la luce e la vita. Questo è un Natale di luce, è un Natale di vita e anche se ci possono essere in noi le tenebre che tentano di oscurare la luce, o addirittura di soffocarla, la luce è più forte di qualunque tenebra.
Oggi la gioia di questo bimbo, che è Dio e nasce per noi per essere uno come noi, per vivere i nostri limiti e le nostre fatiche, per sperimentare le nostre lacrime, il nostro dolore, i nostri tradimenti, la morte, e che è luce… ecco questa gioia è più forte di tutte le nostre oscurità, è più forte del nostro peccato e genera in noi la vita, perché la vita è luce, la vita illumina.
In noi c’è una vita nuova ogni giorno e questa novità di vita è luce della nostra esistenza. Siamo chiamati, perciò, a uscire fuori dalle nostre logiche umane, dai nostri calcoli e dai nostri ragionamenti. Non è così, infatti, che ritroviamo il senso dell’esistenza e l’orientamento della nostra vita, ma è lasciandoci ri-generare dalla grazia, cioè da questo gratuito amore che come cascata si riversa sulla nostra anima e come balsamo viene a lenire le nostre piaghe e le nostre ferite. Un bimbo è nato e in ogni bimbo che nasce Dio celebra il Natale di suo Figlio; in ogni bimbo che nasce è la speranza che ri-germoglia nel nostro cuore.
Questa sera dimentichiamo, dunque, le mille luci e cerchiamo di essere anche noi Natale per tutti i bambini che non hanno avuto la grazia di guardare gli occhi di una madre, per tutti i bambini che non hanno avuto la rassicurazione della custodia di un padre. Questa sera siamo noi Natale per tutti quei poveri e quegli emarginati che non si inchinano al potere ma alla carezza, che non si inchinano alla violenza ma alla tenerezza. Questa sera Natale siamo noi se nell’oscurità della notte riusciamo, con l’obbedienza della fede, a squarciare le tenebre e ad essere luce, angeli capaci di vivere con la vita la lode a Dio e di tessere trame di pace nella storia degli uomini.
Augurandovi Buon Natale, vi auguro dunque di non soccombere alle tenebre, alle oscurità che sono intorno a noi e che possono vivere dentro di noi, ma di fare spazio alla luce per essere generati alla vita dalla grazia del gratuito amore di Dio. Buon Natale!