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Il paradiso della vita nella morte

04-04-2015 01:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

Il paradiso della vita nella morte

Il paradiso della vita nella morte Veglia pasqualeCaltanissetta - Cattedrale, 4 Aprile 2015  1.  Luce fuoco acqua "Non è qui, è risorto. Egli vi prece

Il paradiso della vita nella morte

 

Veglia pasquale

Caltanissetta - Cattedrale, 4 Aprile 2015

 

 

1.  Luce fuoco acqua

 

"Non è qui, è risorto. Egli vi precede in Galilea". L'angelo rimanda le tre donne andate quel mattino di Pasqua per ungere il corpo di Gesù, in Galilea dove tutto era iniziato e consegna loro un vangelo da portare alla comunità dei discepoli, a quegli uomini paurosi che non avevano avuto il coraggio di seguire fino in fondo Gesù e il cui cammino si era interrotto al Getsemani, mentre le donne avevano proseguito fino alla collina del Golgota e al sepolcro.

 

La comunità viene quindi rimandata all'in principio, all'origine, così come la liturgia di questa sera ci ha rimandati all'in principio. Infatti, siamo partiti con il segno della luce che è la prima opera creata da Dio. Egli, come un buon operaio, ha bisogno della luce per cominciare a lavorare, per cominciare a creare. Il segno della luce si è andato intensificando e vedremo poi il segno dell'acqua. Ma vorrei fermarmi un attimo sulla simbolica presente nelle tre letture che abbiamo ascoltato e su quello che abbiamo vissuto anche dal punto di vista del movimento che abbiamo compiuto.

 

Nella terza lettura abbiamo ascoltato il passaggio del mare dei Giunchi o mar Rosso, dove c'è il simbolo del fuoco e il simbolo dell'acqua. Israele entra nelle acque del mare di notte mentre c'è una colonna di fuoco che illumina il percorso e le acque erano una muraglia a destra e a sinistra. Noi siamo entrati in Cattedrale come attraversando all'asciutto il mare dei Giunchi, il mar Rosso e le colonne della nostra Cattedrale hanno rappresentato per noi come questa muraglia, queste onde del mare che il Signore ha quasi pietrificato per consentire al suo popolo di uscire indenne da quella prova.

 

2.  Figli nel Figlio

 

Tutto il mistero della Parola che abbiamo ascoltato è il paradosso della vita nella morte, della vita attraverso la morte. Israele entra nel mare, dunque entra in una situazione di morte, ma per ritrovarsi libero e vivo all'altra sponda, tanto da intonare per la prima volta, grazie all'iniziativa di un'altra donna, Miriam, tutti insieme, Mosè e il popolo: "Voglio cantare in onore del Signore perché ha mirabilmente trionfato".

 

Ma quella colonna di fuoco - il fuoco che voi Scouts avete preparato e che il Vescovo ha benedetto - Mosè l'aveva già incontrato nel roveto ardente. Il fuoco in tutte le religioni è il simbolo della divinità, ma è anche il simbolo della morte perché il fuoco consuma tutto quello che viene a contatto con esso. è il simbolo della divinità perché tutto purifica e trasforma in se stesso. Così, avendo benedetto il fuoco, è come se noi avessimo chiesto al Signore con Mosè di purificare il nostro uomo vecchio, di purificare la nostra anima, per lasciarci forgiare da lui e divenire fuoco nel fuoco, divenire anche noi fuoco d'amore. "Fuoco sono venuto a portare sulla terra..." dice Gesù.

 

Questo connubio di morte e vita l'abbiamo trovato nel testo di Genesi: la prova di Abramo, quel figlio che Abramo pensa di dover sacrificare a Dio mentre Dio lo vuole liberare da queste antiche, arcaiche tradizioni religiose e risparmia la vita all'unico figlio di Abramo. Non la risparmierà al suo unigenito, unico figlio, che è Cristo Gesù. Abramo al figlio che chiede: "Padre, dov'è la vittima?" mentre salgono sul monte Moria - che poi è una collina ed è il luogo in cui oggi c'è la moschea a Gerusalemme, quella collina sulla quale sorgeva il tempio di Gerusalemme - dice: "Sul monte Dio provvede".

 

Anche noi entrando in chiesa, carissimi ragazzi, abbiamo intravisto questa collina che è il monte Moria, il monte del sacrificio dell'unigenito, del Figlio, che è anche il nostro Calvario, il Golgota dove realmente il Figlio unico di Dio, Cristo Gesù si è immolato e sacrificato per noi. E si è sacrificato per ricrearci.

 

Leggiamo nella prima lettura: "In principio Dio creò…". Dio in Gen 1, 26 dice: "Facciamo l'umanità a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza". Questa sera Cristo Gesù lo dice a noi, fratelli e sorelle carissimi: "Io vi rifaccio a mia immagine". Questa sera noi rinasciamo a immagine di quell'unico Figlio e diveniamo figli nel Figlio, nel segno del lavacro battesimale, diveniamo luce da luce perché siamo noi ora il vangelo attraverso il quale Dio si dice e si dona nel mondo, noi il vangelo della vita, il vangelo della risurrezione che si nutre della morte.

 

E voglio concludere con una espressione molto forte, che mi ha dato molto da pensare in questi giorni ed è di Etty Hillesum, un’ebrea che è stata uccisa in un campo di concentramento dai nazisti.  Lei dice: "Un frammento di quel Morto resuscitato alla vita vive in me perché in quel pezzo di morte la vita in me trionfi". E allora, auguro a me e a tutti voi che un frammento di quel Morto resuscitato alla vita abiti in noi perché attraverso quella morte noi possiamo essere vivi per sempre. Buona Pasqua!