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Nel mistero di un sì

27-09-2014 00:00

Diocesi di Caltanissetta

omelie,

Nel mistero di un sì

Nel mistero di un sì X anniversario di consacrazione episcopale e di ingresso in DiocesiCaltanissetta – Cattedrale, 27 settembre 2014 1.  Un patto nuz

Nel mistero di un sì

 

X anniversario di consacrazione episcopale e di ingresso in Diocesi

Caltanissetta – Cattedrale, 27 settembre 2014

 

1.  Un patto nuziale

 

In questi giorni, nella preghiera e nelle veglie notturne, ho pensato spesso a cosa dire oggi, cosa dire ai miei fratelli presbiteri e diaconi, ai seminaristi, agli ammalati, alle autorità presenti, ai giovani, alle famiglie, alle consacrate, a tutto il santo popolo di Dio. E più andavo meditando queste pagine della Scrittura, che ho scelto dieci anni fa come Parola di Dio capace di guidare il mio servizio sponsale a questa Chiesa, più non mi veniva in mente niente. Perciò stamattina ho detto al Signore nella preghiera: Chiedo a te, che sei il Pastore supremo delle anime, a te di cui, per tua grazia sacramentale, sono segno visibile in questa porzione di popolo di Dio, di parlare cuore a cuore con il popolo tuo che da dieci anni servo e amo, sul quale cerco di vegliare e per il quale mi spendo, donando tutto di me senza riserve e senza paura. Ed è in questo spirito, carissimi figlioli, che vorrei parlare con voi questa sera.

 

Il Vicario Generale, Mons. Pino La Placa – che ringrazio – ha formulato questi auguri a nome di tutto il mio presbiterio e a nome vostro, ma io sento che oggi non è la festa del Vescovo Mario Russotto, ma la ricorrenza di un patto nuziale, di un matrimonio fra questa santa Chiesa di Dio e il Signore Gesù nella persona del vostro Vescovo.

 

2.  Fragile ponte di grazia

 

In fondo, questi dieci anni costituiscono solo la diciassettesima parte della storia di questa Diocesi e 17 sono stati i sacerdoti diocesani da me ordinati, ma 22 sono i sacerdoti tornati alla Casa del Padre.

Poca cosa è il mio ministero in confronto alla lunga storia di questa Chiesa, a quei giganti di santità e di profezia che sono stati i miei sette predecessori, a figure luminosissime di sacerdoti e laici, uomini e donne, che hanno reso grande questa Chiesa agli occhi di Dio. E non posso non ricordare qui il compianto Mons. Cataldo Naro, che dieci anni fa era qui e mi ha imposto le mani e grazie al quale questa Chiesa è diventata grande anche agli occhi della storia e della Chiesa Universale.

 

Poca cosa è il mio ministero, non so, altri giudicheranno. Quello che io ho cercato di essere è scritto nei vostri cuori, nella pergamena delle vostre anime, nel volto di coloro che prima non mettevano piede in chiesa e oggi hanno trovato la via della fede, nel cuore di coloro che erano tiepidi, titubanti e oggi sono decisamente incamminati sulla strada della santità, nel cuore di tanti giovani - i giovani, reale povertà della nostra società – che hanno forse ritrovato il padre che non hanno mai avuto nella loro famiglia e si sono sentiti accolti in un abbraccio, nel cuore di tante coppie di sposi che hanno invigorito il loro patto nuziale con maggiore consapevolezza del suo significato, nel corpo e nell’anima dei 17 giovani trasfigurati sacramentalmente in Gesù sacerdote.

 

Poco o tanto che sia, quello che il Signore ha operato – solo a Lui infatti va data la gloria – ha potuto compierlo grazie alla mia debolezza, perché «quando sono debole è allora che sono forte», perché è la Sua grazia che è passata e continua a passare attraverso la finitudine e la fragilità del mio essere.

 

Dieci anni fa ho scelto questo testo del profeta Geremia, un testo che ho sempre meditato, studiato, approfondito, con il quale ho pregato. In esso il profeta, di fronte alla richiesta di Dio di parlare in suo nome, presenta un’incapacità umana, la giovinezza, cioè la non raggiunta maturità e capacità di dire le parole di Dio e il Signore risponde che proprio quel suo limite diventa la sua forza, perché la gente capirà che la parola viene dal Signore e non dal profeta. E c’è come un atto di purificazione, quello stesso che sperimenterà, in maniera molto dura e molto dolorosa, il profeta Isaia: «Ahimè, un uomo dalle labbra impure io sono…» e il Signore gli purifica le labbra con un carbone acceso.

 

3.  Santi insieme

 

Sì, questo vostro Vescovo ha bisogno che il Signore purifichi le labbra dell’anima, ha bisogno del fuoco del suo Spirito perché è dalla mia conversione che dipende anche la vostra santità. Come Pastore, io non posso condurvi da nessun’altra parte se non a Cristo Gesù: «Guardate a Lui e sarete raggianti», e se le mie notti spesso sono notti di veglia è perché non ho pace finché non vedo la gioia nel volto dei miei preti, della gente, degli sposi, dei giovani, dei poveri, perché la gioia è il riflesso dell’inabitazione di Dio, è lo specchio di un’anima innamorata, appassionata.

 

Di certo una cosa io so: che vi amo e vi ho amato alla follia e vi ho amato senza falsità, senza fariseismi o ipocrisie, vi ho amato e vi amo con tutto me stesso, così come sono, col peso della mia umanità e con la leggerezza di un cuore innamorato di Dio. E oggi ve lo dichiaro ancora una volta perché dieci anni fa il Signore, tramite il Beato Giovanni Paolo II, mi ha scelto come vostro Pastore, ma nel corso di questi dieci anni, quando altri mi facevano proposte dal loro punto di viste anche allettanti, io ho scelto voi, questa santa Chiesa di Caltanissetta e oggi sono felice di averlo fatto perché so che non posso farmi santo senza di voi e che solo insieme a voi potrò salvare la mia anima, perché dovrò presentarvi al cospetto di Dio liberati, uniti, seriamente incamminati sulla via della santità e della fraternità e questa è sempre una strada in salita.

 

Per questo la parola di Dio ci ha parlato continuamente di una dynamis, di una “forza”, la forza dello Spirito, di quel “vento leggero” che spesso si può udire proprio come silenzio. Questa forza noi sentiamo e vogliamo trovare, non nel compiacimento degli uomini, non nel plauso della gente, ma nel nascondimento di quel cuore a cuore con il Signore, nel segreto dell’anima baciata dall’inchinarsi misericordioso di Dio. Pertanto non siete voi a dover dire grazie, ma sono io a dover ringraziare voi per la vostra accoglienza, per il vostro amore semplice, pulito, senza orpelli, per la vostra preghiera, la vostra Ave Maria quotidiana.

 

Grazie sento di dire uno a uno a tutti voi, dalle Autorità all’ultimo dei bambini, dalle suore ai seminaristi, dai diaconi ai miei fratelli e figli sacerdoti. Sento di dire grazie perché ho imparato e vado imparando ogni giorno da voi e sento nel mio cuore che questa Chiesa può cambiare se cambia il cuore del vostro vescovo. Tanti mi hanno chiesto cosa è cambiato in questi dieci anni:  certamente sono cambiato io perché ha acquisito maggiore pazienza, ho capito che non posso camminare avanti da solo e devo saper attendere. Sono cambiato nella misura in cui ogni incontro mi ha arricchito, ogni abbraccio mi ha restituito al mio ministero più consapevole. Sono cambiato tanto, più di quanto si possa vedere all’esterno, per cui oggi non riesco neanche ad immaginare la mia esistenza senza di voi. È come se fossimo stati sempre insieme, un’unica carovana di Dio, a ridarci speranza reciprocamente, a tornare ogni giorno a piegare le ginocchia per credere nella presenza di Dio, per ringraziare del dono che ogni fratello e ogni sorella è per noi.

 

4.  Peccatore e debitore

 

Davvero sono debitore verso di voi perché ho imparato sempre più il cuore di Dio attraverso il vostro cuore, sono in debito con tutti voi, con i collaboratori e amici della Curia, questa famiglia senza la quale la nostra Chiesa non avrebbe motore, sono loro, infatti, il motore di questa Chiesa, coordinati prima dal carissimo Mons. Campione, che per me è stato un padre, un fratello, un amico, un confidente, e poi dal carissimo e straordinario don Pino La Placa, un fratello e un amico di grande sapienza.

Sono debitore verso tutti, verso gli ammalati che ogni giorno mi insegnano a portare con gioia la croce della malattia, del dolore, forse anche della solitudine; sono debitore verso le religiose, le mie suore dell’episcopio, anime nascoste che rendono davvero l’episcopio una casa accogliente, aperta a tutti. Sono debitore perché peccatore. L’avevo scritto nove anni fa e poi ancora sette anni fa in un testo pubblicato sul Monitore Diocesano e anche il Papa l’ha detto recentemente nella sua intervista al direttore di La Civiltà Cattolica: «Sono peccatore» è la carta d’identità del cristiano, a maggior ragione del vescovo. Sono peccatore, ma finché ho la coscienza di esserlo posso ancora sperare nella misericordia di Dio.

 

Dunque, figlioli carissimi, lodiamo il Signore perché si china, si inginocchia, mendicante d’amore, verso di noi, continua a bussare alla porta del nostro cuore ed è un mistero il suo amore.

Mistero

il tuo sì o Figlio al Padre

come il fiat di Maria tua Madre.

Mistero

o Spirito il tuo soffio d’Amore

che di speranza lievita il cuore.

Mistero

il tuo sì a me Signore

fedeltà di grazia

misericordioso Pastore.

Abbracciami ancora

avvincimi a Te

con il frammento di Chiesa

che custodisco per Te.

E in Te come ieri e per sempre dirò…

solo grazie ogni giorno sarò.