UN TESORO IN UN VASO DI CRETA
Ordinazione Presbiterale di Lino De Luca – Cattedrale, 29 giugno 2008
1. Una consegna da cuore a cuore
Carissimi presbiteri, a voi che oggi celebrate l'anniversario della vostra ordinazione presbiterale e siete convenuti nella nostra Chiesa Cattedrale attorno al Vescovo per imporre le mani sul capo di Lino e partecipare anche voi alla trasmissione del sacerdozio di Cristo, carissimi diaconi, amatissimi seminaristi, primavera della nostra chiesa, familiari di don Lino, a tutti voi qui convenuti numerosi a gremire questa Cattedrale e ad unirvi nella corale preghiera della chiesa, come già accadde nella prima comunità cristiana mentre Pietro era in catene, a tutti giunga il mio saluto affettuoso e riconoscente, nel nome del Signore Gesù.
Troppo povere sono le nostre parole per esprimere la gratitudine al Signore e troppo piccolo è il nostro cuore per contenere il tesoro di grazia che egli si degna ancora di riversare sulla nostra Diocesi. Oggi ho la grazia di ordinare presbitero il dodicesimo seminarista della nostra Diocesi, ma sono già quattordici i sacerdoti che ho ordinato, ci sono infatti anche un salesiano ed un francescano, padre Ivan, che è qui presente. Dono straordinario quello di trasmettere quanto anch'io ho ricevuto per sola benevolenza di Dio, costituendo così una catena, una tradizione, una consegna da cuore a cuore, da vita a vita, perchè il Signore si renda ancora presente nell'esercizio ministeriale del sacerdozio.
Ed è con particolare commozione che oggi presiedo questa celebrazione, dopo le grazie sperimentate ieri sera ed avendo davanti a me un figlio che amo più della mia stessa vita, che ho visto in questi cinque anni crescere come Gesù in età, sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini. Ho visto Lino maturare sempre più in quella obbedienza radicale e totale che si fa consapevole e credente consegna della propria volontà alla volontà di Dio, riconosciuta nella volontà dei Superiori e del suo Vescovo, senza mai rinunciare, dopo essersi consegnato a Dio, a cercare le ragioni, a chiedere ragione, sempre con la delicatezza, la disponibilità credente e la premura di chi sa di appartenere totalmente a Cristo Signore.
Ho visto crescere Lino in sapienza, sapienza che attinge alla scienza e al sapere credente, l'ho visto maturare sempre più il suo sapere teologico, ma anche il suo sapere delle scienze umane, perchè sta portando a compimento anche la sua laurea in lettere classiche all'università di Palermo. In questi anni egli mi ha accompagnato con delicatezza e discrezione, è stato presente sempre anche quando il suo esserci non era evidente e si è fatto trovare da Dio e dal suo Vescovo, sempre al posto giusto nel momento giusto ed oggi, con gioia, lo consacro sacerdote per sempre.
2. Saper riconoscere i propri limiti
A Lino vorrei consegnare alcuni segni che ci vengono dalla Parola e dalla solennità odierna. Lino, questa è la Parola per te, per tutto il tuo sacerdozio, è la Parola sulla quale dovrai ritornare sempre, perchè è la Parola di Dio per te, oggi, nel giorno in cui Lui ti incatena a sé facendoti prigioniero del suo amore, in cui Dio si lega definitivamente e irrevocabilmente a te, facendoti suo sacerdote. Questa Parola che, mentre la ascolto, muove le corde del mio cuore, perchè è stata la stessa Parola che io ho ascoltato nel giorno della mia ordinazione presbiterale, ventisette anni fa, è molto forte. Di essa vorrei sottolineare soltanto due segni e una parola.
A Pietro Gesù dice: “ Tu sei la roccia, tu sei Pietro, su questa pietra edificherò la mia chiesa e a te darò le chiavi del regno”. Pietro è chiamato ad essere la pietra della Chiesa, la roccia sulla quale Gesù intende costruire la comunità dei redenti. Gesù avrebbe potuto scegliere il discepolo amato, l'unico che ha avuto il coraggio di seguirlo fino all'altare del Golgota, l'unico che si trovava al Calvario sotto la Croce, accanto a Maria, il discepolo che ha messo il suo capo sul petto di Gesù durante l’ultima cena. E invece sceglie Pietro, quel Pietro che ha resistito un po' nel seguire il Signore, ma che, unico fra i dodici, ha avuto il coraggio, dopo la pesca miracolosa nel cap. 5 di Luca, di inginocchiarsi davanti a Gesù, alla presenza di una numerosa folla e dire: “Signore, allontanati da me”, ego eimi o amartolos, “io sono uno che vive lontano da te, io sono peccatore”. E quando Pietro riconosce di essere lontano dal Signore, di essere peccatore, allora comincia la sua redenzione, allora il Signore gli dice: “Seguimi”.
Pietro è colui che pretende di camminare sulle acque come Gesù, confidando troppo nelle sue forze, ma anche in quell’occasione ha il coraggio di gridare: “Signore, salvami” e sente la mano del Signore tirarlo su. Pietro ha un sapere “pneumatico”, sa nello Spirito, per grazia di Dio Padre e dice di Gesù: “Tu sei il Cristo”. E’ colui che si è dichiarato disposto a dare la vita e poi ha rinnegato tre volte Gesù, ma è anche colui che ha continuamente dichiarato: “Ti voglio bene Signore, tu lo sai” , è colui che un giorno aprirà le porte del cristianesimo anche ai pagani, prima ancora di Paolo. Ma Pietro è anche uomo di eccessivo equilibrio che, per amore dell'armonia, di una pace apparente, tradisce la verità del Concilio che c'era stato a Gerusalemme e si sentirà rimproverato davanti a tutti dall'apostolo Paolo. Questo Pietro è la roccia della chiesa.
3. Roccia di salvezza
Perciò, Lino, non temere se Dio pone il suo tesoro in un vaso di creta. Ci potranno anche essere molte crepe in questo vaso, potrai vacillare come Pietro, certamente verranno giorni difficili, momenti bui, in cui ti sentirai come affondare nel mare dello smarrimento, ma in quei momenti abbi sempre il coraggio di invocare il nome di Gesù. Non avere paura di gridare: “Signore, salvami” e non avere paura di prostrarti ai piedi di Cristo Crocifisso a dire: ego eimi o amartolos, Signore, tirami tu, attirami a te perchè io sono lontano, sono peccatore. Non temere se a volte sentirai di tradire il Signore nel tuo cuore, volgi sempre il tuo cuore a Cristo Gesù, non chiuderlo nell'orgoglio della tua autoreferenziale ripresa, nella tua capacità di ricominciare. Sappi sempre lasciar fare a Dio, aggrappati a lui, aggrappati a Cristo Gesù e sii la roccia per tutti i vacillanti, per tutti quelli che vivono lontano da Dio, sii la roccia per coloro che hanno una coscienza un po' debole, fragile, sii la roccia per coloro che cercano la sicurezza in Dio, per tanti tuoi confratelli che potranno vedere in te un modello, un punto di riferimento, il fratello e amico più piccolo, ma che può far luce nella casa del nostro presbiterio. Sii roccia che dà certezze, non le certezze di verità precostituite, non le certezze di dottrina umana, ma le certezze di una fede robusta, le certezze di chi ha decisamente orientato la propria imbarcazione alla volta di Dio, di Cristo e di Cristo Crocifisso.
4. Le chiavi del cuore di Dio
E poi la chiave. Anche a te oggi, il Signore, attraverso le mie mani, consegna le chiavi, le chiavi per aprire i cuori dei tuoi fratelli e delle tue sorelle, le chiavi per aprire il mistero di Dio e introdurre nel cuore di esso tanti giovani, tanti ragazzi, tante famiglie, tante persone che vivono sulla soglia della chiesa o che sono lontane. Cerca di contagiare, di affascinare tutti con la tua composta, ma radiosa testimonianza evangelica. Dio ti consegna le chiavi del suo cuore, sappile usare bene, non per svendere Dio in facili devozioni, ma per trasmettere il cuore di Dio al cuore della gente, per portare il cuore della gente dentro il cuore di Dio. Dio ti consegna le chiavi, perchè tu possa entrare in punta di piedi nella coscienza dei giovani, delle famiglie, delle persone che incontri e lì far luce, essere luce, luce vicina. Dio ti dà le chiavi del crocifisso suo amore perché, attraverso la celebrazione dell'Eucaristia, tu apra il paradiso in terra, quando dici: “Io ti assolvo”, tu apra il paradiso per i peccatori, quando dici: “Io ti battezzo”, schiuda le porte della chiesa ai battezzandi. Avrai da combattere, come Paolo, una grande battaglia. Se la vita, diceva Seneca, è una grande lotta, la vita cristiana è davvero un continuo combattimento.
5. La forza della debolezza
Siamo chiamati, come Paolo, a fare della debolezza la nostra forza. Paolo ha sperimentato incomprensioni, chiusure, persecuzioni, naufragi, digiuni, ferite, ha sperimentato di tutto, eppure, per grazia di Dio, rifugiandosi sempre nell'amore di Dio, ha vissuto un'instancabile ripresa e quanto più veniva abbattuto, tanto più sentiva incontenibile quell'amore che gli bruciava dentro, come già il fuoco divorava l'anima del giovane Geremia, e continuava ancora ad annunciare il vangelo, continuava a farsi vangelo vivo, pane d'amore spezzato. Quando Paolo ha preteso di possedere Dio e di poter convertire tutti all'aeropago di Atene, ha sperimentato il fallimento. Quando ha confidato in Dio e si è fatto crocevia di incontro, di dialogo, di confronto sulle strade di Atene, allora ha contagiato tutti con la bellezza del vangelo.
Lino, io non so che sarà di te. Quando è nato il piccolo Giovanni Battista, tutti hanno detto: “Che sarà di questo bambino?”. Anch'io mi sono chiesto nella preghiera questa mattina: “Che sarà di Lino, che sarà di questo giovane sacerdote?”. Non lo so, non lo so dove il Signore ti condurrà. So soltanto, come dice Paolo, che ti condurrà certamente attraverso lunghe vie della croce, ma attraverso questa via crucis, pian piano, ti andrà sempre più trasfigurando in una via lucis. Sono certo che grandi cose il Signore farà con te e di te, non per te, ma per la sua chiesa, quindi riponiamo grandi attese in te, non tanto, primariamente, per il vaso d'argilla che tu sei, ma per l'incommensurabile tesoro che Dio pone oggi nel tuo cuore e nelle tue mani.
6. All’altare della croce
Ed ecco la parola che ti consegno: Paolo ha detto che, nonostante le mille battaglie, ha conservato la fede. Sì, figlioli carissimi, anche noi preti possiamo perdere la fede, saremo sempre in eterno sacerdoti, potremo anche essere ottimi, bravi ministri, capaci di adempiere bene le funzioni del nostro ministero, potremo anche non dare mai scandalo, sapere organizzare bene le parrocchie, la pastorale, potremo essere bravi docenti, ma possiamo perdere la fede, perdere di vista, cioè, il nostro essere afferrati da Cristo, cercare di sciogliere le catene che imprigionano il nostro cuore al cuore di Gesù. Paolo dice: “Ho conservato la fede”. Conserva la fede, fai della fede la cosa più preziosa della tua vita, la fede come penetrazione del mistero di Dio, lasciandoti sempre possedere da lui, non perdere di vista Dio nel tuo ministero. Vivi la fede come atto di consegna continuo al tuo Signore e fai della croce il tuo altare. E quando sperimenterai la solitudine, quando sperimenterai i fallimenti della tua azione pastorale, si ci sarà sempre il cuore del tuo Vescovo sul quale poggiare il tuo capo, ma poggia sempre il tuo capo sulla nudità dell'altare, lì troverai consolazione, rifugio e conforto.
A contatto vivo con l'altare che è Cristo immolato ritroverai il senso, vivrai le tue continue ripartenze. Possa Francesco d'Assisi, che venerava così tanto i sacerdoti da baciarne sempre le mani, diventate culla di Dio, possa aiutarti a spogliarti sempre più, ad essere nudità con nudità, cuore a cuore col tuo Signore, ad imprimere nella tua anima le piaghe del suo amore. E Maria Santissima, Madre del Sommo Sacerdote, Madre di grazia e nostra fedele sorella e compagna di cammino, orienti sempre i tuoi passi, ti sostenga, ti conduca e ti porti lì dove il Figlio suo ti vuole, anche se spesso il tuo cuore può non volere. Possa tu sempre far tua la volontà di Dio per volere solo ciò che Dio vuole e allora grandi cose farà per te il Signore ed oggi dal cielo gli angeli e i santi, che già vedono con Dio quello che sarai, godono e cantano con noi in questa solenne liturgia sacerdotale. Sia lodato Gesù!