LASCIATEVI UMILIARE DALLA POTENTE MANO DI DIO
Santa Messa nel IV anniversario di ordinazione episcopale
e nell’Ordinazione Presbiterale
di Ivan Graci, Luca Milia e Marco Paternò
Cattedrale, 27 settembre 2007
1. Un giorno di Grazia
Carissimi figli e amici presbiteri e diaconi, cari religiosi e religiose, gentili autorità, amati seminaristi, carissimi giovani, figlioli tutti immensamente amati nel Signore, questo è un giorno di Grazia per la nostra Diocesi, in cui il Signore nella sua benevolenza, nella sua predilezione per questa porzione eletta del santo popolo di Dio, ci fa dono di tre nuovi giovani presbiteri. È un giorno di grazia e non può passare invano nella storia di questa Chiesa particolare e nel cuore di ciascuno di noi perché, nonostante le nostre infedeltà, nonostante le nostre fragilità, Dio si degna ancora di chinarsi con tenerezza verso questo suo gregge affidato alle nostre cure pastorali. Con questi tre giovani, abbiamo avuto la gioia di ordinare, in questi quattro anni, ben undici presbiteri per la nostra Diocesi e tredici complessivamente, se vi aggiungiamo un figlio di San Francesco e un figlio di don Bosco.
Ringrazio il Vicario Generale, mons. Campione, che, facendosi interprete dei sentimenti del presbiterio e di tutti voi, ha voluto porgere al Vescovo gli auguri per questo quarto anno di episcopato. Ma il dono più bello che io continuo a ricevere, di cui pubblicamente voglio rendere grazie al Signore, siete tutti voi, miei cari figlioli, a cominciare dai miei più stretti collaborati, i presbiteri e i diaconi. E oggi vi offro un dono incommensurabile, inestimabile: tre giovani nuovi presbiteri, figli di questa terra, che il Rettore del Seminario, don Massimo, ha voluto presentare al Vescovo come nella liturgia eucaristica vengono presentati il pane e il vino, doni poveri, semplici, frutto della fatica e del lavoro dell’uomo. Ma questi doni, per la potenza dell’Altissimo e l’azione di grazia dello Spirito Santo, vero artefice di questa celebrazione, saranno transustanziati, proprio come accade con il pane e il vino. Ivan, Luca e Marco diventeranno sacerdoti del Signore e saranno a voi restituiti non più come erano prima, ma come ministri sacri, trasfigurazione di Cristo Gesù, Pastore di bellezza.
2. Esposizione, disposizione, deposizione
Abbiamo ascoltato nel testo del Vangelo questa autoproclamazione di Gesù: «Io sono il pastore, quello bello». Gesù si propone come Pastore di bellezza e ci tiene a contagiare della sua bellezza tutti noi. Ma in che cosa consiste la bellezza di Gesù, di questo pastore? In un verbo che nel testo del cap. 10 di Giovanni viene ripetuto tre volte. Non è il verbo dìdomi, il verbo eucaristico del discorso di Cafarnao su Gesù che si “dona” come carne da mangiare. È il verbo tìtemi, cioè “porre”, usato in tre sfumature diverse: la bellezza di Gesù Buon Pastore, noi la cogliamo nella sua esposizione, disposizione e deposizione.
Gesù è il pastore bello perché “espone” la sua vita per le sue pecore, non la tiene per sé, la considera un dono da offrire. E in questa esposizione di Gesù, pastore di bellezza, c’è tutto il coraggio di Cristo, il coraggio di Dio di prendere la vita e darla in cibo, spezzarla come si spezza l’amore: «Nessuno mi toglie la vita, sono io che da me stesso la prendo e la espongo», dice Gesù.
E questa vita che Gesù “espone”, è una vita che egli “dispone”: «Di questa vita dispongo perché le pecore abbiano la vita». E già comincia a delinearsi qui una sorta di piena simbiosi, quasi una fusione tra il Pastore e le sue pecore, tanto che egli deporrà la sua vita nel cuore delle sue pecore. Come a dire alle sue pecore che la bellezza che Lui è, non è altro che un mettersi nel cuore delle sue pecore deponendo ai loro piedi la sua vita, non come colui che spadroneggia sul gregge e che sfrutta e strumentalizza il gregge, ma come colui che serve, che dà la vita, che accresce la vita delle sue pecore.
Ecco perché è proprio sbagliata la traduzione italiana della conclusione del testo che abbiamo ascoltato: «Ci sarà un solo gregge e un solo pastore». Il testo greco dice: «Ci sarà un solo gregge, un solo pastore». Intanto, non dice “un solo ovile”, non ci sarà un solo recinto, ma un solo gregge. I recinti possono essere tanti, gli ovili possono essere tanti, quello che importa non è essere tutti dentro lo stesso ovile, ma è essere gregge del Signore. E poi fra gregge e pastore non c’è una congiunzione che unisce i due termini, né c’è una preposizione, l’espressione del testo greco è “un solo gregge, un solo pastore”, quasi una fusione ormai, perché Lui, il pastore di bellezza, rifulge di splendore divino in quanto, da pastore, si fa agnello sacrificale, agnello immolato. E le pecore, se vogliono essere il suo gregge, devono attraversare questa sua immolazione. Allora anche le pecore diventeranno pastore, perché il pastore ha a cuore le sue pecore in quanto le contiene nel suo cuore.
Altra strada non ci è data! Se vogliamo conoscere, entrare in intima relazione con il cuore di Gesù, anche noi dobbiamo passare attraverso l’immolazione sacrificale, come stanno facendo stasera questi giovani. E ad ognuno di noi, a voi cari giovani, a voi care famiglie, Gesù chiede una immolazione particolare, in un “si” incondizionato, in una esposizione coraggiosa della vostra vita. Egli non viene a rubare nulla della vostra vita, Egli viene dentro il vostro cuore perché voi possiate “esporre” la vostra vita, “disponendo” di essa col “deporla” nel cuore di Dio - come ci ha detto nelle sue sagge parole il Rettore del seminario - per far nostro il misterioso progetto di Dio ed assumere in noi la sua volontà.
3. In una tensione continua
Abbiamo anche ascoltato dal testo della prima Lettera di Pietro, di questo divenire credente rivolto a noi pastori, ma possiamo dire che è rivolto a ciascuno secondo il suo stato di vita. Pietro non dice “facendovi” modelli del gregge, ma “divenendo” modelli del gregge in una tensione continua. Non è l’ordinazione sacerdotale che vi fa modelli del gregge, ma è il vostro impegno di vivere continuamente dentro la crocifissione del “sì” che voi pronunciate, miei cari figlioli. È l’impegno costante di permanere nella fedeltà a questo “sì” che vi fa diventare modelli del gregge, in una tensione continua che si fa ascensione della vostra volontà consegnata alla volontà di Dio e restituita a voi nella volontà della Chiesa attraverso il Vescovo.
Voi questa sera vi espropriate della vostra volontà perché vi venga consegnata la volontà di Dio attraverso il ministero della Chiesa. E in questo spogliamento, come ha ben detto il Rettore, quasi parafrasando l’espressione paolina, voi diventate ricchi, ricchi della sua povertà, del suo amore.
Ecco perché, come diceva Giovanni Paolo II rievocando il mistero del giorno della sua ordinazione presbiterale, memoria scritta nel suo libro Dono e Mistero, il momento che segnerà per sempre la vostra vita è la prostrazione, non perché sia un gesto suggestivo, ma perché quel contatto col pavimento, nella nudità di voi stessi, quella umiliazione di voi nella iconografia della croce, è l’emblema del vostro sacerdozio. Voi, cari Ivan, Luca e Marco, dovete essere sempre il pavimento della Chiesa, dovete lasciarvi calpestare e attraversare nel segno della croce, se volete elevare la chiesa fino a Dio. Per questo il testo di Pietro si conclude con una esortazione straordinaria che non abbiamo ascoltato nel breve brano che ci è stato proposto: «Lasciatevi umiliare dalla potente mano di Dio».
4. Fra grandezza e debolezza
Sì, miei cari figlioli, non si tratta di diventare umili. Il mistero che ci è stato consegnato in Cristo Gesù supera la nostra ricerca dell’umiltà perché, quanto più cerchiamo di essere umili, tanto più, attraverso l’umiltà che noi presumiamo di conquistare, cerchiamo il riconoscimento. Non si tratta di diventare umili, non dovete diventare umili, dovete lasciarvi umiliare! Lasciatevi umiliare dalla potente mano di Dio! E l’umiliazione verrà se, rientrando onestamente in voi stessi in compagnia di Dio, cogliete le vostre inadempienze, le vostre fragilità e le vostre debolezze. Ed è una umiliazione sapere di essere Dio nella trasfigurazione del ministero sacerdotale eppure essere continuamente indegni di questo dono che voi diventerete, è una umiliazione. S. Efrem il Siro diceva: «Quanto più declinano gli anni, tanto più aumentano i peccati ed è questa la mia umiliazione davanti a Dio». Non bisogna andare a cercare le umiliazioni, le umiliazioni le portiamo dentro di noi, nella nostra carne, esse ci vengono anche dagli insuccessi della nostra azione pastorale, dallo scarto fra i nostri progetti e le risposte del popolo di Dio, dallo scarto fra i nostri slanci, i nostri desideri e quello che veramente poi riusciamo ad essere e a vivere. Le umiliazioni ci vengono dal mondo, ci vengono anche dalla Chiesa. «Lasciatevi umiliare dalla potente mano di Dio»!
Ecco perché, dopo la prostrazione, dopo l’accettazione di questo lasciarvi umiliare, voi vi sottoporrete alla mano potente di Dio che, per l’azione dello Spirito Santo e la mediazione del Vescovo, in questo collaborato dai presbiteri, vi trasfigurerà in pastori di bellezza secondo il cuore di Dio. Ma quelle mani imposte sul vostro capo saranno le mani di Dio su di voi che, col vostro essere inginocchiati, sottoposti a questo sguardo di Dio, vi lasciate umiliare.
5. Saper sognare con Dio
È una gioia per noi, miei cari figlioli, è una gioia per il vostro Vescovo, per la Chiesa, accogliere il coraggio del vostro lasciarvi umiliare da Dio. È una gioia accogliere il vostro generoso “sì”. E come vorrei che tanti giovani, anche qui presenti, invece di lasciarsi espropriare la vita, la libertà e i sogni, sapessero sognare con Dio, sapessero deporre la loro vita ai piedi di Dio, in un “sì” coraggioso che li trasfiguri nella bellezza che loro custodiscono nel cuore.
Come vorrei che i nostri presbiteri si adoperassero sempre di più, collaborando col Direttore del Centro diocesano vocazioni e col Rettore del seminario, a proporre ai giovani la strada della sequela radicale e totale di Cristo. Come vorrei che le nostre famiglie fossero una culla accogliente, un luogo di caldo amore, un luogo in cui la Parola di Dio venga spezzata, in cui i genitori divengano eucaristia per i figli, tanto da essere testimoni della via di Dio.
6. Santi ad ogni costo
Abbiamo celebrato ieri il convegno su un pastore buono, un pastore che si è lasciato trasfigurare dalla bontà di Dio tanto da essere pastore di bellezza, tanto da spingere tutta la nostra Chiesa a volerlo porre sugli altari come modello del gregge. Mi riferisco a Mons. Giovanni Iacono. E celebreremo dopodomani il primo anniversario della dipartita al cielo di un altro grande pastore di bellezza, figlio amatissimo di questa Chiesa, Mons. Cataldo Naro. Tesi, allora, tra Mons. Iacono e Mons. Naro, vorrei che voi tre, miei cari figlioli, li prendeste a modello. Questa sera io ve li consegno perché voi, come loro, possiate essere preti delle beatitudini, perché possiate, come loro, aiutarci, aiutare tutto il popolo di Dio a salire il monte delle beatitudine, per essere santi come Dio è santo, santi ad ogni costo. Altra strada non vi è data.
«Lasciatevi umiliare dalla potente mano di Dio», ci esorta l’apostolo Pietro. E Maria, Madre della Chiesa, Madre dei sacerdoti, rivolgendo il suo canto di lode al Signore, lo ha esaltato perché ha guardato l’umiliazione della sua serva. Con Maria, allora, riunita con noi nel cenacolo di questa nostra chiesa, eleviamo il nostro magnificat perché, anche per intercessione dell’Arcangelo Michele, l’offerta della vita di questi tre giovani presbiteri venga deposta per sempre nella liturgia del cielo ai piedi dell’Onnipotente. E così sia!